L’amministrazione comunale, che stipula un contratto d’appalto per lavori da svolgersi sulla pubblica via, rimane responsabile degli eventuali danni cagionati a terzi sino a quando perdura il suo potere di fatto sulla cosa oggetto dei lavori. In questo modo, la Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 18325/18; depositata il 12 luglio 2018) ha chiarito che quando viene appaltata la realizzazione di un’opera, il Comune rimane responsabile ex art 2051 c.c. (responsabilità del custode) fino a quando l’area interessata non sia stata completamente enucleata e delimitata, nonché interdetta al passaggio del traffico veicolare e pedonale. Da questo momento, infatti, dovrebbe ritenersi responsabile per eventuali danni la sola ditta/società appaltatrice.
Al contrario, se il cantiere riguarda solo una parte della strada, al punto da permettere che la restante parte rimanga aperta al pubblico, in relazione a quest’ultima la responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo all’ente pubblico persiste.
Per dovere di completezza, si precisa che la responsabilità da custodia è prevista, come già detto, dall’art. 2051 c.c., intitolato “Danno cagionato da cose in custodia”, per il quale «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». Per caso fortuito deve intendersi anche la forza maggiore, ovvero un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o del danneggiato) che presenti i caratteri dell’imprevedibilità e dell’assoluta eccezionalità” (Cass. Civ. sez. III, 20.5.1998, n. 5031; Cfr. Cass., SS.UU., 11.11.1991, n. 12019)