La Corte di Cassazione, ribadendo un suo consolidato e condivisibile orientamento, ha confermato la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva riformato la decisione del Tribunale di accordare ad una signora siciliana il risarcimento del danno non patrimoniale ed emergente patito (€ 21.000,00=) a seguito di una brutta caduta verificatasi in centro città, causata, a suo dire, da una buca lasciata scoperta dall’amministrazione comunale.
I Giudici dell’appello, infatti, avevano ritenuto che “sul luogo dell’incidente non sussisteva alcuna insidia, posto che vi era solo una scarificazione dell’asfalto» – cioè solo una rottura superficiale – e «non una buca» vera e propria. In aggiunta, poi, viene osservato che «la caduta era avvenuta alle ore 8 del mattino, in condizioni di perfetta visibilità; «la donna era perfettamente consapevole – ovvero avrebbe potuto esserlo con l’ordinaria diligenza – delle condizioni difficoltose di percorrenza» di quel tratto di strada, e, di conseguenza, «l’evento dannoso è stato determinato in via esclusiva dalla condotta» da lei tenuta.
Come detto, la decisione è stata confermata anche dalla suprema Corte con la sentenza Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 17324/18; depositata il 3 luglio.
Insomma, il messaggio che viene nuovamente lanciato è che il pedone è tenuto, con la dovuta diligenza, ad evitare quelle situazioni di pericolo dalla quali può derivare un danno. Al contrario, la responsabilità del Comune è configurabile qualora l’insidia od il trabocchetto non siano visibili o prevedibili.