Un amante dell’atletica, nonostante la disponibilità della pista dello Stadio Comunale, decide di correre ed allenarsi all’esterno delle corsie numerate. Purtroppo, però, a causa di un tombino nascosto, lo sportivo inciampa e cade a terra, procurandosi diverse lesioni. L’uomo, assolutamente convinto della responsabilità del Comune (proprietario dell’impianto), decide di agire in giudizio per ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti. Tuttavia, sia il Tribunale sia la Corte d’Appello reputano pretestuosa la domanda, ritenendo che l’atleta poteva evitare di allenarsi all’esterno della pista, in quanto pienamente consapevole dello stato dei luoghi. Tale visione, però, è fatta a pezzi dai giudici della Suprema Corte di Cassazione (Cass., ord. n. 4659/2014, Sesta Sezione Civile), per i quali «il luogo dell’incidente, pur esterno alle corsie numerate, era normalmente utilizzato per correre, in assenza di segnaletica che ne impedisse l’uso e di disposizioni orali da parte dei custodi». Ciò conduce a ritenere che lo spazio, utilizzato dalla donna per fare jogging, fosse «predisposto per la corsa», come dimostrato dall’assenza di «divieti» ad hoc e dalla constatazione che esso «era ricoperto dello stesso materiale» – tartan – utilizzato «per le corsie adibite all’allenamento».